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lunedì 28 giugno 2010

Roma, per Berlusconi primato europeo paese senza nuove tasse

Silvio Berlusoni (da forzasilvio.it)
Il nostro è l'unico governo che non aumenta le tasse. L'unico che liberalizza il diritto d'impresa, a costo di modificare la Costituzione. L'unico, infine, che è uscito dalla crisi economica – una ulteriore conferma è arrivata dalla Confindustria – senza imporre una politica di eccessivo rigore che potrebbe compromettere la ripresa.
Questi sono dati di fatto, non speranze o chiacchiere, mix dell'Italia, rigore sì ma con equità e sviluppo, appare il più equilibrato, e questa immagine è percepita anche all'estero.

I Corriere della Sera ha pubblicato un'analisi assai interessante su come i governi di centrodestra europei stiano ribaltando la dottrina che fu di Ronald Reagan e Margaret Thatcher: meno tasse, dicevano quei fautori del neoliberismo, avrebbero favorito il benessere, lo sviluppo economico e coperto attraverso i maggiori consumi i minori introiti derivanti dalle imposte sul reddito.
speranze degli anni Ottanta non si concretizzarono in pieno a causa soprattutto dell'eccesso di spesa pubblica. Ma non è per questo che governi moderati come quello tedesco e inglese, ed in parte anche francese, stanno aumentando la pressione fiscale. Il motivo è che i loro conti pubblici stanno andando abbondantemente fuori controllo a causa soprattutto dei miliardi dati alle banche.
Qualche cifra? La Germania ha destinato tra il 2008 e il 2009 il 3,8 del Pil per aiuti diretti al capitale bancario. La Gran Bretagna il 3,9. La Francia l'1,4. Il Belgio il 4,8. L'Olanda il 3,4. La Svezia l'1,6. L'Italia lo 0,6 del Pil, e sotto forma di prestiti a disposizione (i Tremonti-bond).
Quei paesi, Germania in testa, sono quelli che ora vogliono imporre all'intera Europa misure di rigore fiscale che molti giudicano eccessivo, tale da strangolare la ripresa e lo sviluppo. La Germania, dopo aver finanziato abbondantemente le proprie banche, ora vuole tassare le banche stesse; ed anche i biglietti aerei e la produzione di energia. La Gran Bretagna aumenta l'Iva, vuole anch'essa la tassa sulle banche, sugli investimenti finanziari e sulle seconde case. La Francia prevede di ridurre alcune esenzioni d'imposta per cittadini e imprese. La Svezia andrà alle elezioni con programmi di aumenti fiscali.
C'è un nesso tra le mani bucate in fatto di politica bancaria prima, ed il braccio improvvisamente corto adesso? Non c'è bisogno di esser troppo maliziosi per sospettarlo. I denari pubblici usciti negli ultimi due anni rientrano ora sotto forma di sacrifici per cittadini e imprese. Insomma, virtù e rigore sembrano più un paravento che altro.
L'Italia non è in queste condizioni. Non è possibile ridurre le tasse ora, ma la manovra non le aumenta. E quando le regioni si lamentano, dovrebbero prima ridurre gli sprechi. Quanto ai comuni, la nuova ipotizzata imposta sui servizi è chiaramente prevista "ad invarianza di gettito": niente reintroduzione dell'Ici sulla prima casa, né aumento di balzelli; solo accorpamento dei tributi esistenti in una voce unica.
Non solo. Il premier conferma che andrà avanti sulle due leggi, ordinaria e costituzionale, per la libertà d'impresa. Si chiamerà, appunto, "legge Berlusconi". Si tratta di liberare chi vuole intraprendere da una serie di vincoli e costi burocratici, ribaltando l'impostazione attuale: lo Stato si impegna ad effettuare i controlli e chiedere ciò che eventualmente sia dovuto solo dopo, non prima.
La stessa vicenda di Pomigliano dimostra quanto oggi sia complicato intraprendere in Italia. Ma soprattutto la questione sta a cuore alle migliaia di piccoli e medi imprenditori, e agli imprenditori singoli, che desiderino avviare un'attività. Via, dunque, lacci e lacciuoli.
L'efficacia della politica fin qui seguita dall'Italia – un mix equilibrato di rigore, equità e sviluppo - è testimoniato dai dati forniti dalla Confindustria. L'Italia è definitivamente fuori dalla recessione. E, nonostante l'inevitabile impatto della manovra, l'economia italiana crescerà quest'anno dell'1,2% e nel 2011 dell'1,6. Paghiamo come gli altri (ma meno degli altri) un tributo in termini di occupazione, che però verrà riassorbito nei mesi prossimi.
Ecco perché mentre il mondo si divide in un dibattito un po' accademico, un po' fasullo, tra rigoristi ed sviluppisti, l'Italia non deve deviare da una rotta intrapresa da tempo. Rigore nello sviluppo, e ce la stiamo facendo.

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